(2002) cinque pezzi per voce femminile, maschile e nastro a 8 tracce [16’ 34”]
Prima esecuzione assoluta: Basilica di Santa Maria in Montesanto, Roma, 5 dicembre 2003
Voce femminile: Alessandra Vavasori
Voce maschile: Antonio Bortolami
Regia del suono: Roberto Doati
Commissione: Lanfranco Menga per Ensemble Oktoechos
Il ciclo “Sopra i monti degli aromi” è un percorso attraverso il Cantico dei Cantici tracciato da canti gregoriani, polifonie medievali e composizioni originali con elaborazioni elettroacustiche realizzato con l’Ensemble Oktoechos diretto da Lanfranco Menga, su progetto di Emanuele Pappalardo, Paolo Pachini, Lanfranco Menga e Roberto Doati.
Le linee guida per la composizione di queste cinque opere sono state indicate dai concetti di unione e di dualità: ille e illa del testo del Cantico, l’erotismo carnale e l’amore spirituale, l’umano e il sacro. La scrittura vocale si basa su poche altezze con molte ripetizioni, a indicare l’appartenenza alla terra, ma questa sorta di hochetus viene spezzato da note acutissime che indicano un’aspirazione, non sempre raggiunta, al cielo, alla spiritualità, oppure da brevi frasi parlate, articolazioni vocali corporali. Quest’ultime si integrano con le registrazioni fatte in momenti di vita quotidiana dei due cantanti (Alessandra Vavasori e Antonio Bortolami), così che ognuno degli interpreti si manifesti attraverso la spiritualità (il canto) e la corporeità (il parlato). La parte elettronica realizza idealmente il concetto di unione avvalendosi della tecnica di convoluzione sottolineando la fisicità della voce, registrata molto da vicino, e la sua evanescenza negli spazi riverberanti di una chiesa: le relazioni di frequenza fra le parziali di una voce (o un coro) maschile sono modellate dall’inviluppo spettrale di un coro (o una voce) femminile. Tutti i materiali vocali utilizzati provengono da interpretazioni dell’Ensemble Oktoechos di opere del passato su testi del Cantico: d’yn e n’yn sono convoluzioni fra esecuzioni maschili e femminili delle antifone “Jam hiems” e “Veni electa mea”;b’yt, per voce femminile ed elettronica, è un’elaborazione da un frammento della Sequenza “O ecclesia” di Hildegard von Bingen. Illa abbandona il suo letto ed esce nella notte a cercare l’amato; spyrty è il duetto dell’amore ed è basato su “Tota pulchra es, anima mea” di Heinrich Isaac: spyrty I per sola elettronica, spyrty II per voci maschile e femminile ed elettronica. Non è proprio un canto di unione, è piuttosto un muoversi fianco a fianco, in parallelo, anche se il primato della donna nel testo si rispecchia nella distribuzione delle parti vocali. La scrittura vocale è la trascrizione delle risonanze che si creano con la convoluzione di diverse parti del mottetto, mentre la parte elettronica alterna lunghe risonanze a vivaci sequenze di grani vocali; d’yl, per voce maschile ed elettronica sulla Sequenza “In multo desiderio” di Hildegard von Bingen, rappresenta l’attesa. Ille invita l’amata a svelargli il suo volto e a fare udire la sua voce. È una proposta di intimità, resa con il “contrappunto” delle loro voci registrate che manifestano gioia, sorpresa, entusiasmo, sospiri erotici.
Testi
b’yt
In lectulo meo per noctes
quaesivi quem diligit anima mea
quaesivi illum et non inveni.
Expoliavi me tunica mea, quomodo induar illa?
lavi pedes meos, quomodo inquinabo illos?
Sul mio letto, lungo la notte,
ho cercato l’amore dell’anima mia,
l’ho cercato e non l’ho trovato.
Mi sono già levata la tunica, come indossarla di nuovo?
Mi sono lavata i piedi, come potrei sporcarmeli di nuovo?
spyrty II
Ille Ecce tu pulchra es amica mea
ecce tu pulchra, oculi tui columbarum.
Illa Ecce tu pulcher es dilecte mi et decorus,
lectulus noster floridus
tigna domorum nostrarum cedrina
laquearia nostra cypressina.
Lui Quanto sei incantevole mia amata,
quanto sei incantevole!
I tuoi occhi sono colombe.
Lei Quanto sei incantevole mio amato, quanto sei affascinante!
Il nostro letto è lussureggiante:
pareti della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto i cipressi.
d’yl
Surge amica mea speciosa mea et veni,
columba mea in foraminibus petrae
in caverna maceriae.
Ostende mihi faciem tuam
sonet vox tua in auribus meis
vox enim tua dulcis et facies tua speciosa.
Alzati, mia amata, mia bella e vieni via,
o mia colomba che ti annidi nelle fenditure della roccia, negli anfratti dei dirupi.
Fammi vedere il tuo viso,
fammi sentire la tua voce
perché la tua voce è soave e il tuo viso affascinante.