(1995) versione elettroacustica [18’30”]
Prima esecuzione assoluta: XIII CIM, Forte spagnolo, L’Aquila, 2 settembre 2000
La forma è quella, geometrica e forte, derivata dal metro della poesia utilizzata.
Questa struttura viene proposta 15 volte (una per ogni strofa), ogni volta sovrapponendosi alla precedente dilatata nel tempo. Così la prima struttura parte all’inizio del pezzo e dura fino alla fine, la seconda comincia dopo 70” e dura anch’essa fino alla fine, e così via ogni 70”.
La nebbia è quella che provoca interruzioni nello svolgersi della narrazione poetica. Impedisce di ri-conoscere chiaramente la forma cui danno vita i 15 stili vocali (uno per ogni strofa, in ordine cronologico, dalla salmodia ebraica ai Gabrieli) usati per la composizione. La maggior parte dei modelli storici utilizzati riguarda la vocalità sacra occidentale, con numerosi riferimenti a quella veneziana. Non a caso, poiché il festival della Biennale di Venezia che ha commissionato il lavoro si svolgeva all’interno del Nono Centenario della Dedicazione della Basilica di San Marco e portava il titolo “L’ora di là dal tempo. Momenti di spiritualità nella musica contemporanea”.
Ma vi sono altre allusioni a musiche, vocali e non, la cui scelta è stata determinata talvolta dal carattere e significato della poesia (ad esempio, il canto Gregoriano è rappresentato dalla sequenza “Victimae Paschali Laudes” perché la vicenda narrata da von Droste-Hülshoff si svolge durante la notte di Pasqua), talvolta da richiami a persone amiche (ad esempio, l’uso di una ballata di Ciconia, autore del ‘300 nato a Liegi e morto a Padova, allude al legame con Marianne Pousseur).
La funzione svolta dal computer è fondamentalmente quella di moltiplicare la voce di Marianne Pousseur idealmente per quante volte la protagonista della poesia incrocia la propria immagine, fino a rendere quasi un incubo per la cantante, il continuo emergere della propria voce con particolari enormemente amplificati.
Tra le maglie di questa polifonia vocale si insinua il trattamento di suoni e rumori legati ai diversi modelli storici: arpa, vihuela, percussioni, liuto, organo, archi, ottoni, rumore e voci di mercato, artigiani, …
Questa versione elettroacustica viene preferibilmente eseguita dal nastro originale a 8 tracce e prevede un discreto ambito di possibilità intepretative nella miscelazione dei tanti e complessi materiali che la compongono.
Forma di nebbia è la terza parte del trittico per voce femminile ed elettronica “L’olio con cui si condiscono le parole” (commissione La Biennale di Venezia 1995, per un’opera di teatro da camera, mai eseguita in forma scenica). È dedicata a Mario Messinis, con tutta la mia riconoscenza per aver dato la possibilità a quel poco di olio che c’è nel mio lavoro, di venire a galla.
Quando le forme non si distinguono ancora o quando le forme vecchie, che stanno scomparendo, non sono ancora sostituite da quelle nuove e nitide.